lunedì 27 maggio 2013

Teorie Personali



Lo sapevi di avere delle “teorie personali”?

Certamente, no?

Tutti abbiamo teorie personali per ogni cosa, sui rapporti con gli altri, sugli uomini, sulle donne, sul lavoro, sulla religione, sull'aldilà, sul denaro, etc.

Tali teorie sono descrivibili come "un radicato senso di certezza che abbiamo riguardo a qualcosa".

Siamo tutti dotati di un bel numero di queste teorie, che ispirano ed influenzano quello che facciamo, il nostro modo di prendere le decisioni e le nostre relazioni con il prossimo, etc.

Ti sei chiesto anche tu da dove nascono queste teorie? Molti invece il problema non se lo pongono e dicono delle loro certezze che è così perché “è sempre stato così (e sempre lo sarà)”. Ed in effetti per la maggior parte dei casi è esattamente quello che molti di noi pensano. Ma proviamo a rispondere alla domanda: da dove nascono queste teorie?

Io ho trovato queste spiegazioni, nelle scienze cognitive.

Prima di tutto nascono dalla nostra esperienza personale, una situazione che abbiamo vissuto nel passato, nell'infanzia oppure in un periodo emotivamente significativo e che ci ha fatto arrivare a delle conclusioni in merito a come sono andate le cose e tali conclusioni hanno una loro validità anche per analoghe situazioni presenti e future.

Poi un’altra fonte delle nostre teorie è l’esperienza degli altri. Quali altri? In prima fila sicuramente i nostri genitori, zii, parenti più prossimi che sin dalla nostra prima infanzia ci hanno trasmesso le loro teorie, le loro concezioni su come funzionano determinate cose e come dobbiamo comportarci in determinate situazioni se non vogliamo avere guai.

Poi nascono dall'esperienza di nostri amici, colleghi, superiori, guru, leader, etc.

Infine c’è una terza fonte di origine delle teorie personali e precisamente la nostra immaginazione. Ti sembra strano? Ebbene no! Sappiamo che le neuroscienze ci dicono che il nostro cervello non fa alcuna distinzione tra un fatto avvenuto a noi, oppure appreso da altri per noi significativi oppure semplicemente immaginato.

E’ utile sapere che la nostra "realtà interna" (il luogo dove le teorie personali si trovano) si forma:

* nell’esperienza propria

* nell’esperienza altrui

* nell’immaginazione

Il nostro cervello, è in grado di creare una realtà dove è vero ciò che crede. Ovvero il nostro cervello richiede e crea conferme, per quello che ritiene vero.

Quello che diciamo a noi stessi (dialogo interno) influenza ciò che vediamo, ascoltiamo e percepiamo, Così come le immagini interne che ci creiamo o le sensazioni corporee (come per esempio le emozioni) che proviamo. In altre parole dialogo interno, immaginazione ed emozioni sono un potente filtro che ci fa selezionare dalla realtà le informazioni che riteniamo vere, mentre ci fa cancellare tutte le altre.

Perché c’interessano così tanto le nostre teorie personali? Negli anni 60 uno scienziato di nome Albert Bandura studiò sperimentalmente quelle che lui chiama le “convinzioni di auto-efficacia” e dimostrò come vi sia una stretta relazione tra le convinzioni e i risultati che il soggetto raggiunge.

Già decenni prima Henry Ford, il famoso industriale automobilistico americano, padre del fordismo, aveva detto: “Sia che tu pensi di farcela, sia che tu pensi di non farcela, avrai ragione in entrambi i casi”.

In altre parole tutto ciò in cui credi è vero! Ecco perché c’interessano!

Tutti siamo fortemente attaccati alle nostre teorie personali, tanto che il nostro cervello in maniera inconsapevole fa di tutto per confermarle, è addirittura disposto a morire per dimostrarne l’esattezza. E ci riesce! Tutto quello in cui credi diventerà vero nel tuo mondo.

Mi viene in mente una storiella per descrivere quanto le nostre convinzioni siano parte di noi e ritenute inconfutabili.

In un ospedale psichiatrico c’era un paziente convinto di essere un cadavere. Molti medici lo avevano esaminato, ciascuno con scarsi risultati. Fu il turno di un nuovo medico psichiatra il quale chiese al paziente:

“Così dunque lei è un cadavere?”


“Certo dottore, non glielo hanno detto i suoi colleghi? Io sono un cadavere”


“Mi dica”, chiese il medico, “secondo lei, i cadaveri sanguinano?”

“Certamente no!” rispose il paziente che un po’ ne sapeva “lo sanno tutti, dottore, che i cadaveri non hanno la circolazione sanguigna e quindi nemmeno la pressione del sangue e quindi non possono sanguinare!”

“Bene” rispose il medico il quale già pensava di aver fregato questa volta finalmente il suo paziente, prese uno spillo e afferratagli la mano lo punse su di un polpastrello dal quale uscì una grossa goccia di sangue.

Il paziente allibito, incredulo, guardò il sangue uscire dal suo dito, poi guardò il medico, poi ancora il suo dito ed esclamò:

“Cavolo! I cadaveri sanguinano!”

Ti faccio un altro divertente esempio: prendiamo il caso di un ragazzo convinto di non piacere a nessuno: un giorno entra in un pub e una ragazza lì presente, lo vede, gli va incontro e gli da un bacio. Il ragazzo colpito da questo piacevole episodio, pensa tra sè “deve essere un’assistente sociale”.

Prendiamo ora l’esempio di un altro ragazzo convinto invece di essere un gran figo e di piacere a tutti. Nello stesso pub, lui si avvicina platealmente a una ragazza, la quale, infastidita, gli molla un ceffone. Lui pensa: “fa la difficile”.

Sicuramente le esperienze e le opportunità che questi due ragazzi incontreranno nelle loro vite saranno ben diverse tra loro, e auto alimenteranno le loro convinzioni di partenza, che saranno come delle profezie che si auto-avverano.

Quindi attenzione a quello a cui decidi di credere, perché ci sono buone probabilità che si realizzi. La notizia è: puoi scegliere consapevolmente ciò in cui credere. Potresti dire, beh non posso scegliere di credere in qualcosa che non è reale! Ti dico allora: tra le tue (o le mie) teorie personali e la realtà non c’è alcun rapporto. Quindi queste teorie/convinzioni hanno il potere o di limitare il tuo mondo, ponendo dei confini invisibili e dei muri invalicabili tra te stesso e ciò che desideri, oppure hanno la capacità di ampliarlo e di arricchirlo per darti nuove possibilità di sperimentazione e di realizzazione.

Come sempre la scelta ce l'abbiamo noi.

Buon counselig

lunedì 20 maggio 2013

Il counseling spiegato (in breve) ad un vicino di treno

Stava seduto di fronte a me su un freccia-rossa Milano-Roma. Lui era un informatico nel settore bancario. E tu cosa fai? Io mi sono un counselor!

Un counselor? E che cos'è il counseling? (Lo sapevo che diceva così!)

La domanda è impegnativa, vuoi davvero che ti parli di una parola astratta, che quindi faccia partire un pippone teorico, specialità in cui sono maestro, che ti bombardi con un mare di informazioni al riguardo?

A meno che tu non voglia studiare per diventare un counselor (così si chiama lo specialista in counseling) credo proprio che non ti interessi. Comunque ci sono libri che te lo spiegano.

Forse la tua domanda reale è: in cosa consiste il mestiere del counselor? E come questo ha a che fare con me e la mia vita?

Meglio, vero?

Allora rispondo: il counselor, come tutti gli umani, è il prodotto di tre cose.

Quello che pensa, quello che dice e quello che fa.

Quindi la prima risposta è un counselor ha pensieri da counselor, dice cose da counselor e fa azioni tipiche del counselor.

E siccome non voglio farti spazientire ti dico quali sono (in effetti dava i primi segni di insofferenza, ma anche di curiosità).

I pensieri del counselor. Un counselor crede nelle seguenti affermazioni
1.      Ogni persona è unica e irripetibile e ha dentro di se tutte le potenzialità per vivere una vita piena di esperienze arricchenti
2.      Ogni teoria, ogni tecnica, ogni metodologia è secondaria rispetto alla relazione tra esseri umani. Ogni classificazione impoverisce la relazione
3.      La relazione di counseling può aiutare le persone ad aiutarsi quando ne hanno bisogno
4.      Una relazione per essere d’aiuto non può che essere totalmente autentica
5.      L’unico modo per entrare in contatto con l’altro è quello di ascoltarlo completamente
6.      L’arma letale nella relazione di counseling è l’accettazione incondizionata dell’altro
7.      La struttura di ogni esperienza umana è soggettiva
8.      Nessuno ha il diritto di stabilire ciò che è giusto o non giusto per qualcun altro

Le parole del counselor. Un counselor utilizza il seguente linguaggio rivolto al suo cliente
1.      Come posso aiutarti?
2.      Ti ho sentito dire questa affermazione, ho sentito bene?
3.      Che cosa significa per te questo?
4.      Come ti senti quanto dici …?
5.      Se questa cosa (situazione, relazione) di cui mi parli fosse quest’altra cosa (situazione, relazione) come sarebbe?
6.      Mentre parlavi ho notato questo, ha un significato per te? Me ne vuoi parlare?

Le azioni di un counselor. Un counselor compie tipicamente le seguenti azioni con il suo cliente
1.      Fornisce un costante esempio di chiarezza e affermatività  nella relazione
2.      Osserva quello che il cliente dice a parole, il tono in cui lo dice e quello che dice attraverso il corpo. Coglie i disallineamenti tra questi 3diversi canali comunicativi e rende il suo cliente consapevole della eventuale incongruenza.
3.      Da feedback al cliente avendo cura di dare prima un feedback di rinforzo (rinforza un aspetto positivo) e subito dopo un feedback di miglioramento
4.      Riformula la comunicazione del cliente in modo da arricchire la percezione di quest’ultimo con nuovi elementi
5.      Si astiene dal dare consigli ed interpretazioni rispetto ai contenuti portati dal cliente, anche se questi glieli chiede.

Min***chia! E’ un mestiere davvero difficile, disse il mio vicino di treno!

Buon Counseling,
Maurizio Tonini

domenica 12 maggio 2013

Comportamento Affermativo


“L’affermazione di sé” è un’abilità che ti permette di esprimere liberamente quello che pensi e quello che provi, variando solo il “come” lo fai in relazione al contesto dove ti trovi.

Tale abilità, naturale nei bambini,  che però come sappiamo non tengono mica tanto conto del contesto, difficilmente invece esiste nelle persone adulte: bisogna quindi ri-apprenderla.

Più ti alleni ad essere sicuro di te stesso e più lo diventi veramente. Questo vale per tutte le abilità, il comportamento umano è rafforzato dal successo associato al piacere ed inibito dalle esperienze negative.

Essere affermativo significa possedere abilità sociali e stili di comportamento che producono reazioni positive da parte dell’ambiente.

Un ricco repertorio comportamentale ti permetterà una comunicazione affermativa, non animata da rancore e rivincita personale, e ispirata solo alla chiarezza dei fatti. Per fare questo è utile che tu  cominci a porre la tua attenzione e inizi a definire e  a chiarire i tuoi ruoli nei vari ambiti sociali in cui vivi (famiglia, lavoro, amici, relazioni intime).

Per sviluppare un comportamento affermativo è utile che tu  raggiunga un equilibrio con l’ambiente sociale attorno a te definendo prima nella tua mente le reciproche responsabilità in fatto di diritti e doveri.

Le basi dell’assertività sono:
  • Esprimere quello che si pensa e si sente senza ambiguità
  • Esprimere le opinioni e le emozioni usando la gestualità e la mimica
  • Mostrare il proprio disaccordo all'interlocutore, quando è necessario
  • Smettere di usare parafrasi impersonali e usare sempre il pronome “io”
  • Saper rispondere positivamente ai complimenti senza schernirsi o negare
  • Non esitare a improvvisare ed essere spontanei

Il comportamento affermativo, si verifica quando tu:
  • Hai una buona stima e una appropriata fiducia in te stesso
  • Proteggi i tuoi diritti e rispetti quelli degli altri
  • Realizzi i tuoi obiettivi senza offendere gli altri
  • Affermi te stesso senza danneggiare gli altri
  • Decidi per te  in autonomia e non esiti a rivolgerti in modo chiaro ad altri  quando ne senti il bisogno
  • Hai un comportamento attivo e non re-attivo
  • Ottieni ciò che desideri senza ferire o urtare gli altri
  • Sei contento di te perché hai fiducia in te stesso, al di là delle circostanze
  • Esprimi te stesso sia dal punto di vista emozionale che sociale
  • Scegli secondo ciò che pensi
  • Non temi gli altri e non fraintendi le critiche
  • Sai esprimere critiche (dire prima una cosa positiva e comprovabile e poi concludere con la critica)
  • Sai esprimere una critica in modo concreto e non generico, e conosci la differenza tra descrivere dei fatti e fornire delle interpretazioni (giudizi)
  • Sai bilanciare l’espressione delle tue emozioni e l’elaborazione cognitiva delle informazioni che ricevi dall'ambiente

Il comportamento non affermativo si osserva quando una persona:
  • Lascia violare i suoi diritti e dà vantaggio agli altri
  • Non raggiunge i suoi scopi per far posto a quelli degli altri
  • Lascia che gli altri scelgano per lui
  • Si sente costantemente  in ansia
  •  Ha un comportamento passivo
  • I suoi diritti vengono violati e gli altri se ne approfittano
  • Rinuncia in anticipo a ciò che desidera veramente
  • Si sente frustrato, inibito, ferito nei sentimenti, infelice, isolato
  • Evita di esprimere “critiche”

Il comportamento aggressivo è manifesto in una persona che:
  • Viola i diritti altrui traendone vantaggio
  • Porta avanti i propri obiettivi a spese degli altri e dell’ambiente che lo circonda
  • Ha un comportamento parassita
  • Re-agisce e non agisce
  • Si disistima in segreto a causa delle sue reazioni
  • Calpesta sistematicamente i confini tra sé e gli altri, anche in semplici situazioni di convivenza
  • Mostra ostilità, umilia, disprezza gli altri
  • È irascibile, esplosivo, combattivo, si arrabbia in modo imprevedibile
  • Critica comunque qualunque affermazione gli venga fatta

Non preoccuparti se riconoscerai elementi del tuo comportamento in ciascuna delle tre liste. Sono solo degli schemi e noi esseri umani siamo molto più complessi dei modelli con cui ci rappresentiamo. Comunque ti sarà prezioso riconoscere a quale categoria appartengono i tuoi comportamenti, in modo che tu possa rafforzare quelli affermativi e liberarti dagli altri.

Buon counseling
Maurizio Tonini